Passaggio dalla terra al cielo: elevazione di un’anima.
Andare in escursione con il Gruppo dell’Associazione “Libera Università Tito Marrone” di Trapani, di cui è presidente il Prof. Antonino Tobia, a Caltabellotta, paese sospeso tra terra e cielo, e con grande sorpresa trovarvi “Giotto”. Un Giotto dei nostri giorni, non pittore, piuttosto scultore: SALVATORE RIZZUTI. Lo incontriamo al Museo Civico, a cui ha donato 33 delle sue opere, e, cercando di introdurci nella loro essenza per trasmetterci l’emozione con la quale le ha create, non può non raccontarci la sua vita che ha, a dir poco, dell’eccezionale. Nato a Caltabellotta (AG) il 28 Giugno 1949, all’età di nove anni il padre lo ritira dalla scuola, interrotta alla quarta elementare, e lo porta con sé egli altri due figli per essere aiutato nella conduzione della loro azienda pastorizia. Fa il pastore fino all’età di 18 anni e si arricchisce di quella profondità d’animo di cui solo le persone a contatto con la natura e gli animali riescono a possedere. “Non ero distratto dalle persone” ci dice “e avevo molto tempo per meditare”. E lì comprendi quale magia possa esserci stata tra lui e la natura. Tutto il materiale che è alla sua portata diventa scultura: sassi, pezzi di legno, argilla. Piccole sculture che Salvatore regala ai suoi compaesani, i quali si attivano perché il padre capisca di avere davanti a se un artista, che ha bisogno di andare a scuola, per imparare la tecnica. E così Salvatore riprende gli studi e con grande impegno riesce a recuperare la scuola dell’obbligo. Trasferitosi a Palermo, si iscrive nel 1967 al Liceo Artistico e nel 1972 all’Accademia delle Belle Arti, frequentando il corso di scultura e mantenendosi autonomamente agli studi; qui, sotto la guida dei maestri Silvestre Cuffaro e Carmelo Cappello, si impadronisce delle tecniche scultoree. Nel 1980 diventa titolare della Cattedra di Scultura dell’Accademia delle Belle Arti di Palermo e ne detiene il titolo fino al 2015. Nell’arco di un trentennio realizza diverse opere pubbliche sia laiche che religiose. Noi abbiamo avuto il privilegio di emozionarci davanti alle sue opere al museo civico di Caltabellotta, tra di esse spicca “OMAGGIO A PIERO”. L’omaggio si riferisce a Piero della Francesca, con un’opera in terracotta costituita da due austere figure antropomorfe alte 171 cm la cui perfezione delle forme è, in omaggio al quattrocentesco Maestro Piero, il risultato di un giusto equilibrio di relazioni matematiche e geometriche: la base matematica della bellezza. L’originale “VESPRO SICILIANO”: imponente gruppo scultorio in legno di frassino assemblato. Costituito da tre figure che sovrastano il visitatore: il papa Urbano IV (la Chiesa), con il viso deturpato da una smorfia perfida, lievemente girato dalla parte opposta alla mano con cui tiene legata alla catena una donna ( la Sicilia), mentre viene violentata da una figura incoronata (Carlo d’Angiò). L’opera grida al visitatore tutta la violenza angioina perpetrata in Sicilia, autorizzata dalla Chiesa. E il messaggio arriva immediato. “IL CANTO DELLE SIRENE”: grandioso gruppo scultorio in terracotta, dove le figure delle sirene sono le voci della nostra anima, imprigionata in un corpo che si fa distrarre dalle parole altrui. Ma che quando si ferma in meditazione (e qui viene fuori il pastore), riesce a sentire il proprio spirito. Tra le opere di dimensioni minori, colpisce “LA COSCIENZA DI DEDALO”. Dedalo ha compiuto la sua opera, il labirinto. Ma nel momento in cui termina la sua fatica, si accorge inorridito di quello che ha fatto: ai suoi piedi giace il mostruoso Minotauro, che però è inerme e molto piccolo rispetto alla possente figura di Dedalo, che, tremante, si accorge di aver condannato alla prigione un essere che di mostruoso ha solo l’aspetto, ma che è invece indifeso. “IMPOSSIBILE VOLARE”: statuetta in terracotta di 88 cm. Rappresenta una figura femminile con le ali legate da una catena di ferro, che vorrebbe spezzare con delle forbici da carta. La scultura è di raffinata bellezza e trasmette tutta l’impotenza delle donne di voler uscire da una condizione di sudditanza maschilista, a cui la società le ha relegate. Ci provano le donne a librare il loro spirito, ma gli strumenti a loro disposizione sono inadeguati. Il Maestro, commentando le sue opere, mette a nudo la sua anima. Un’anima vissuta in una dimensione incantata, come il suo luogo natio, che ha affondato le radici in terra per ergersi e raggiungere il cielo, non distratta da falsi valori. Un’anima di una persona semplice ed umile, ma piena di luce perché è ancora in contatto con l’essenza della vita delle cose, degli animali e degli uomini. E tutto questo ci ha dato profonde emozioni, a noi, animali di città, abituati a vivere tra il caos del traffico urbano ed i palazzi, da cui si scorge, a tratti, un pezzetto di cielo. Foto: A sinistra il Maestro Salvatore Rizzuti che commenta la sua opera "Omaggio a Piero".