PIERA INGARGIOLA: DONNA IN - COLORE

PIERA INGARGIOLA: DONNA IN - COLORE

PIERA INGARGIOLA: DONNA IN - COLORE

Sabato 26 alle 19:00 al Margaret Cafè di Terrasini

Mostra personale di Piera Ingargiola intitolata “Donna in-colore” promossa dall’associazione AsaDin. Sarà visitabile tutti i giorni dalle 9:00 alle 23:00 fino al 10 Ottobre 2015. (...)Nei suoi ricordi d`infanzia e d`adolescenza “collabora giocando” in quell`aria di ri-creazione continua popolata da Mario Schifano, Pietro Consagra, Alberto Burri, Carla Accardi, Arnaldo Pomodoro, Rosa Balistreri, Francesca Benedetti, Filippo Crivelli e altri ancora; dove ciò che sembrava ludico agli occhi di Piera Ingargiola era il modo più semplice trovato dall`uomo illuminato per rifondare un luogo partendo dai monumenti. Ne scaturisce una capacità di critica e una necessità comunicativa che va al di la dei “rossi comuni” delle tragedie femminili. Quale colore rappresenta la donna nell`immaginario collettivo? Da tempo l`autrice riflette sul colore rosso, colore femminile per eccellenza perché rimanda alla “sessualità” femminile - dai cicli, alla verginità perduta, al rossetto usato per abbellirsi - ma che da qualche anno viene adoperato dalla collettività come colore della violenza sulle donne e come simbolo del “femminicidio”. Le famigerate scarpe rosse posizionate in gran numero in piazze e luoghi espositivi, hanno fatto si che il colore di per sé innocente e incolpevole, costituisse il leitmotiv di una femminilità da calzare per fare soltanto pochi passi: gli ultimi. Nei lavori in questa personale il rosso non predomina. Solo alcune opere chiave lo espongono, come “le gambe” che camminano sicure su scarpe rosse dal tacco acuminato, sopra il Cretto di Burri che contiene i ruderi di Gibellina vecchia, mentre dentro fanno muovere la stella di Consagra simbolo della nuova Gibellina. Come a dire che quel rosso è sempre il punto di partenza di qualcos`altro, è un testimone da passare; che l`essere femmina non è la debolezza della vittima ma la rivoluzione vitale della società. Le figure femminili che si intravedono contengono e rilasciano una vasta gamma di colori, per nulla monocromatiche come li vede e li vorrebbe qualcuno. In quasi tutti è chiara la ricerca di un`armonia che scaturisce dalla sovrapposizione di immagini personali che a volte producono scaglie di colore acuminate come coltelli, e a volte si compenetrano “fondendosi” irrimediabilmente. Quasi tutte le opere sono realizzate mediante la tecnica “plotter painting”, opere digitali “dipinte” layer su layer con un pennello che la tecnologia ha modellato a forma di mouse. Non è da escludere che l`artista decida in occasione del vernissage di agire pittoricamente sulle opere già esposte, come a voler tagliare il cordone ombelicale con un gesto simbolico e reale. Il tema della violenza in questi quindici lavori è volutamente velato, esorcizzato. È una traccia nascosta, un messaggio sottovoce, un mostro da lasciare in letargo nel “layer spento”del software. Giovanna Calabretta