L`arte di dipingere con il vino
Dalla tavolozza alla tavola, si potrebbe dire di questa storia. Se, da un canto, l`arte può, infatti, servirsi delle più sublimi astrazioni cromatiche, concettuali e esecutive, d`altra parte essa può prendere corpo anche da quanto di più immediato, consueto, perfino infimo passi dalle nostre mani: la recente fase creativa del quarantottenne Pietro Barbera (ingegnere, docente e, da alcuni anni, anche poeta e pittore dall`estro sbrigliato), nutrita e innaffiata per così dire di «fitotecnica» e di buon vino, ne è esempio rimarchevole, collocandosi ai confini tra pittura e gastronomia, tra «vernici» e enologia. All`origine delle sperimentazioni vi sono anche delle ragioni pratiche, di «quieto» vivere: poter dipingere nell`ambiente famigliare, magari dopo cena, senza appesantire di nuovi lezzi e olezzi le stanze di casa né rischiare di macchiare indelebilmente gli arredamenti o di scialacquare le risorse domestiche? Sulla tavola da cucina, apparecchiato un cartoncino di svariate fogge e dimensioni, quasi alle prese con una «action painting» garbata, addomesticata, il nostrano Pollock cominciò strizzando e strofinando i resti di frutti e ortaggi, le parti da buttare e quelle in via di deperimento: patate, arance, angurie, melograni, indivia, melanzane.... I pigmenti della potenziale immondizia, nelle sue mani riprendevano energia, si trasformavano addirittura in prodotto artistico, dopo qualche mese di «industria», di tentativi, di azzardi?Oggi Pietro Barbera è un «cuoco» provetto, un alchimista della pittura, consapevole dei simbolismi insiti nel cibo e nelle bevande, nel «pane quotidiano» e nel vino in particolare. Da vero innovatore, da qualche tempo ha, infatti, escogitato un`altra sorprendente tecnica pittorica, quella del «vinarello», così battezzata per talune analogie con l`acquerello: «Utilizzo soltanto la pigmentazione naturale del vino. Sono il tannino e gli antociani del vino rosso e i flavoni del vino bianco che, penetrando nel cartoncino, dopo l`evaporazione della frazione alcolica e acquosa, danno il colore definitivo, che asciugando si ossida e si fissa nella cellulosa. La gamma cromatica è ovviamente dettata dal colore del vino di partenza». Barbera ne ricava soggetti assai variegati, dai paesaggi agli ambienti marini, da bizzarri astrattismi a splendidi volti e silhouette femminili, naturalmente intrisi del fascino della verve creativa. Di queste sue opere sono divenute estimatrici anche delle case di produzione vinicola, tanto che taluni lavori di Barbera hanno trovato ospitalità nella home page del portale www.vini-sicilia.it e altri sono stati esposti e ammirati nella recente edizione del Vinitaly presso lo stand delle Cantine Birgi. «Il colore del vino mi fa immaginare le sfumature possibili, così provo tutti i tipi di Nero d`Avola, i rosati, i bianchi, aggiungendo talvolta dei liquori, che hanno colorazioni più intense, non ottenibili con i soli vini: il nostro Ericino per il verde, il Marsala e il Nocino per certe tonalità del giallo... I vitigni siciliani rossi, più carichi di colore, sono tra i miei preferiti, ma anche il Merlot, il Barbera, il Marzemino, gli ambrati e i passiti, che sono adatti alle "nuance" più chiare...», aggiunge il pittore. Come non ricordare, in conclusione, quel bellissimo racconto di Leonardo Sciascia, tratto dalla raccolta omonima, «Il mare colore del vino» (Einaudi, 1982), in cui, guarda caso, l`ingegnere Bianchi sostiene: «Non si può aver fede nella tecnica senza aver fede nella vita...». SALVATORE MUGNO