DAL 2011 IL VIA ALLA CONCILIAZIONE STRAGIUDIZIALE

DAL 2011 IL VIA ALLA CONCILIAZIONE STRAGIUDIZIALE

DAL 2011 IL VIA ALLA CONCILIAZIONE STRAGIUDIZIALE

Una opportunità di soluzione delle controversie civili e commerciali

La Conciliazione Stragiudiziale introdotta dal Dlgs. 28/2010 costituisce una opportunità di soluzione delle controversie civili e commerciali alternativa al procedimento Giurisdizionale. Le procedure di Adr (Alternative dispute resolutions) nascono negli Stati Uniti nella seconda metà degli anni 70 sull`onda del diffuso senso di inefficienza e di inaccessibilità alla giustizia ordinaria per ampie fasce di popolazione prive dei mezzi per affrontare oneri e costi del procedimento giurisdizionale. Nei Paesi anglosassoni la cultura giudiziaria riconosce da tempo un ruolo rilevante, nella risoluzione delle controversie, alla magistratura onoraria e ai sistemi informali. In Europa nel maggio 2008 fu approvata la direttiva 52 in materia di conciliazione. Trattasi di un provvedimento guida che andava recepito dalle legislazioni nazionali entro 36 mesi dall`entrata in vigore della direttiva con adeguati provvedimenti legislativi, regolamentari e amministrativi. La conciliazione, in campo giuridico, è una procedura attraverso la quale un soggetto terzo aiuta le parti a comporre una controversia. È stragiudiziale, in quanto è svolta al di fuori e in alternativa al giudizio. In tutti i casi in cui è possibile, quando si tratti di diritti disponibili, la conciliazione, che è una procedura assolutamente informale e che assicura la massima riservatezza, presuppone una libera determinazione delle parti. Anche se viene raggiunta con l`ausilio di un terzo, discende direttamente dalla loro volontà e dalla loro disponibilità ad avvalersi della competenza di un terzo, professionista neutrale e imparziale: il conciliatore. Il conciliatore non svolge funzione né di giudice, né di arbitro; è terzo e funge solo da “facilitatore” per il raggiungimento di un accordo di «reciproca soddisfazione» tra le parti stesse. Anche nel nostro panorama nazionale, dove le controversie sottoposte agli organi giurisdizionali si moltiplicano, le procedure tendono ad allungarsi, i costi lievitano e l`accesso alla giustizia è reso più difficile dalla quantità, dalla complessità e dalla natura tecnica delle norme legislative, la conciliazione stragiudiziale professionale si presenta come modalità di soluzione delle controversie civili e commerciali alternativa e complementare al procedimento giurisdizionale promettendo maggiore efficienza per i cittadini costretti ad adire le vie giudiziarie, nonché alleggerimento per i Tribunali oberati da una grossa mole di cause e tempi finalmente celeri per dirimere le controversie. Questo istituto stragiudiziale ha iniziato a concretizzarsi con una serie di disposizioni quali la legge 366 dell`ottobre 2001 di delega al Governo per la riforma del diritto societario o il decreto legislativo 206 del settembre 2005, meglio noto come codice del consumo ma senza grande diffusione. Con l`entrata in vigore, sia pure in parte differita al 2011, della normativa approvata dal Consiglio dei ministri il 19/2/2010, entra in scena la conciliazione obbligatoria. La nuova legge estende di fatto la regolamentazione già prevista per le sole liti societarie dal decreto legislativo n. 5 del 2003 ad un più vasto campo di materie: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto d’azienda, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o altri mezzi di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. Nella sostanza, prima si tenta la mediazione. Solo dopo, se l`esito è negativo, si può percorrere la via del giudizio. Se la conciliazione avrà esito positivo, l’accordo costituirà titolo esecutivo e le parti godranno di alcuni incentivi di tipo fiscale; qualora non riesca, il mediatore potrà formulare un proposta da sottoporre alla libera accettazione delle parti. In caso di fallimento della conciliazione avrà inizio la causa ed il giudice adito potrà trarre argomenti di prova dalla mancata partecipazione di una parte, oppure condannare alle spese il vincitore qualora abbia rifiutato una proposta del mediatore che, a posteriori, si sia rivelata corrispondente alla decisione finale del giudice. Giuseppe Novara