SPECIALE SAN GIUSEPPE NEL TRAPANESE

SPECIALE SAN GIUSEPPE NEL TRAPANESE

SPECIALE SAN GIUSEPPE NEL TRAPANESE

I simulacri di San Giuseppe nel trapanese - di Lina Novara

Non c’è chiesa, nel territorio trapanese, che non abbia un simulacro di San Giuseppe, padre di Gesù, nel 1870 proclamato dal pontefice Pio IX, patrono della Chiesa universale con il decreto Quem ad modum Deus: si tratta soprattutto di opere dei secoli XVIII e XIX, in legno, o “legno tela e colla”, stessa tecnica con cui sono realizzati i sacri gruppi dei Misteri.

Secondo un’iconografia tradizionale e diffusa San Giuseppe, solitamente, ha l’aspetto di un anziano con barba e capelli grigi, ma qualche volta è raffigurato anche giovane: la scelta dell’età dipende comunque dalla sensibilità dell’artista.

In scultura viene rappresentato con il Bambino Gesù in braccio, oppure nell’atto di condurlo per mano, mentre con l’altra regge un bastone fiorito.

Veste sempre una lunga tunica il cui colore azzurro sta ad indicare la divinità: è avvolto da un sinuoso mantello che da una spalla scende sul braccio corrispondente raccogliendosi su esso per poi proseguire il suo sviluppo verso il basso.

Il mantello di colore marrone simboleggia la sua umiltà mentre il bastone con terminazione fiorita allude a quello rinsecchito che, secondo la tradizione apocrifa, riportata dal protovangelo di Giacomo e, in seguito, anche nella “Legenda Aurea” di Jacopo da Varazze (sec. XIII), sarebbe miracolosamente fiorito per indicare quale sposo Dio avesse scelto per Maria. Giuseppe infatti, come altri pretendenti, ciascuno con in mano una verga, aveva richiesto a Dio di indicare con un segno chi dovesse sposare la Vergine: il bastone di Giuseppe germogliò e fiorì miracolosamente.

Nell’iconografia più comune dal bastone sbocciano gigli, simbolo della purezza. In Sicilia cresce una pianta spontanea, chiamata “bastone di San Giuseppe”, l’alcea rosea che nelle campagne del trapanese veniva usata per decorare il bastone del personaggio vivente che impersonava Giuseppe durante la cerimonia dell’“invito”.

Se il Santo ha in braccio il Bambino, di solito lo trattiene con la mano sinistra: se invece è nell’atto di condurlo per mano, come guida premurosa, la sua figura è in posizione stante con un piede arretrato rispetto all’altro per sottolineare il senso dell'incedere e accentuare la dinamicità dell’episodio.

Il Bambino ha solitamente un viso sereno, talvolta paffuto e incorniciato dai capelli mossi. È   abbigliato con una morbida tunichetta, tradizionalmente azzurra per indicare la sua divinità, che lascia parzialmente scoperte braccia e mani e mette in mostra i piedini scalzi o con piccoli sandali.

All’interno della piccola chiesa del Carminello, di Trapani è custodito un gruppo scultoreo raffigurante San Giuseppe che tiene per mano il Bambino Gesù, che viene portato in processione nella festività del Santo.

La chiesa, fatta erigere nei primi del secolo XVII sulla Rua Nuova, odierna via Garibaldi, dalla Compagnia di Nostra Signora del Carmelo, è intitolata anche a San Giuseppe, poiché vi fu trasferita l’immagine del Santo proveniente dall’omonima chiesa cittadina, distrutta nel 1943.

 La composizione segue l’iconografia del Santo Patriarca che tiene per mano il figlioletto. Sia San Giuseppe che il Bambino sono raffigurati nell’atto di incedere: il Bambino con il piede sinistro in avanti, San Giuseppe il destro. Il santo tiene per mano Gesù con la destra mentre con la sinistra regge il bastone fiorito,  proteso in avanti. L’espressivo volto di Giuseppe è incorniciato dalla mossa capigliatura e dalla lunga barba; lo sguardo, carico di teneri sentimenti, è rivolto verso il Bambino che indossa una tunica azzurra, ornata da motivi floreali dorati.

L’abbigliamento è di foggia barocca e la tunica del Santo, segnata in vita da una cintura, mette in mostra gli alti calzari con risvolto, mentre quella del Bambino lascia scoperti i piedini con i piccoli sandali. Il viso di Gesù è sereno e quasi estatico, le gote sono rosee e paffute: con la mano sinistra regge un secchiello ed un globo sormontato da una crocetta apicale.

Il globo è simbolo di potere: con esso in mano si facevano ritrarre gli imperatori di Roma e di Bisanzio, e con il diffondersi del Cristianesimo diventò il globo crucigero, portatore di croce. Allude al potere cristiano, cioè riconosce la supremazia di Cristo, rappresentato dalla croce, sul mondo simboleggiato dalla sfera, e sui poteri terreni.

Il secchiello indica gli strumenti della passione in quanto non contiene giochi infantili.

L’opera si caratterizza per grazia e intimismo tali da offrire un’immagine di suggestiva serenità all’interno di una composizione equilibrata che però ha il limite del mancato incontro degli sguardi dei due personaggi, che si perdono in direzioni opposte. La luce scorrendo sulle pieghe delle vesti, modellate con tela intrisa di gesso e colla animale, crea vibranti effetti di pittoricismo,  non tralasciando di evidenziare l’aspetto plastico. I tessuti a tinta unita sono impreziositi da decorazioni in foglia oro zecchino con motivi fitomorfi e floreali. In mancanza di dati documentari certi, risulta non facile identificare con certezza, almeno allo stato attuale delle ricerche, l’autore dell’opera che tuttavia, per le caratteristiche formali, va collocata nell’ambito della scultura locale, del secolo XVIII, realizzata con la tecnica del legno tela e colla.

Lo schema compositivo è quello tipico della statuaria devozionale del classicismo barocco, facilmente riconducibile nella pratica di bottega trapanese, in special modo della famiglia Nolfo, i cui componenti Antonio (1696- 1778) e i figli Domenico (1730- 1801) e Francesco (1741-1809) furono attivi per tutto il secolo XVIII.

Sebbene non si possa con certezza affermare chi sia l’autore, va sottolineato che lo scultore, forse Francesco Nolfo, dimostra comunque un’elevata perizia tecnica nel trattare il legno e nel modellare il tessuto delle vesti con la tela e la colla dando vita ad un’opera che, per modellato e gusto cromatico, va inserita tra le migliori del panorama artistico trapanese della seconda metà del XVIII secolo.

Nella stessa chiesa del Carminello si trova un altro gruppo scultoreo raffigurante San Giuseppe ed il Bambino, iconograficamente simile, attribuita ora ad Antonio ora a Domenico Nolfo, con il quale il nostro gruppo viene talvolta confuso.

Lina Novara

Pubblicità Elettorale