SPECIALE SAN GIUSEPPE "POGGIOREALE"

SPECIALE SAN GIUSEPPE

SPECIALE SAN GIUSEPPE "POGGIOREALE"

Vere opere d'arte

A Poggioreale nei giorni 18 e 19 marzo, in occasione della festività di San Giuseppe, “Padre della Provvidenza”, vengono allestiti “artari” votivi, secondo un’antica usanza che risale al secolo XVIII, per chiedere a Dio una grazia con l’intercessione del Santo o per ringraziarlo avendola ricevuta.

Allestiti dalle famiglie devote in locali privati, pubblici o ecclesiastici, sono addossati ad una parete e rivestiti di lenzuola bianche ricamate. In alto è posto un quadro che raffigura la Sacra Famiglia, a significare che da essa ha inizio, ed in essa converge, il significato teologico e salvifico dei misteri rappresentati dall’altare.  

Si sviluppano su tre, quattro o cinque gradini sui quali vengono collocati grossi pani rotondi, denominati “cucciddata”. Negli altari, variamente colorati per la presenza dei frutti della terra che vengono offerti al Signore - alloro, simbolo della condizione beatifica e soprannaturale della Sacra Famiglia, fiori, frutta e ortaggi - a trionfare è “lu pani di San Giuseppi”, dono quotidiano della Provvidenza Divina.

Ogni pane pesa diversi chili e, tradizionalmente, il numero non può essere inferiore a tre, in omaggio ai componenti della Sacra Famiglia.

Tipici addobbi sono poi gli “squartucciati”, foglie di pasta ripiena di fichi triturati, modellate secondo varie forme simboliche e artisticamente intagliate con l'ausilio di speciali e affilatissimi coltellini. Il termine “squartucciatu” significa infatti lavorato finemente ad intaglio.

Alla realizzazione di questi straordinari e artistici manufatti provvedono le esperte donne del paese che, dopo avere impastato la farina e creato due sottili foglie di pasta, le sovrappongono inserendo tra l’una e l’altra una farcitura di fichi secchi ben tritati: la foglia superiore viene quindi “squartucciata”, cioè intagliata con i temperini finissimi per creare motivi vegetali, composizioni floreali con gigli, margherite, gelsomini, rose, e figure di angeli simboleggianti la sacralità degli altari allestiti in onore del Santo.

 Si tratta di un lavoro che richiede certosina pazienza e grande abilità, oltre che fantasia e creatività, per il raggiungimento di autentiche “opere d'arte” con stupefacenti “ricami” di pasta, opere uniche nel loro genere, la cui tradizione e la sofisticata tecnica si tramandano da madre in figlia.

Attraverso il lavoro delle loro esperte mani le sfoglie assumono infatti simboliche forme di palme, colombe, pavoni, pesci, cuori, ostensori, cestini, gigli, acquasantiere, ma anche di croce e di bastone.  Sono tutti simboli legati alla tradizione cristiana-pagana: l’ostensorio si riferisce a Gesù, il bastone fiorito a San Giuseppe, la palma alla Madonna, il cuore alla Sacra Famiglia, la croce a Gesù, il giglio al protettore di Poggioreale, Sant’Antonio. Immancabili il pesce, simbolo di Cristo, e il pavone, simbolo di resurrezione. 

Poiché la realizzazione degli altari nasce dalla profonda esigenza da parte di chi ha fatto un voto di ringraziare il Signore dei benefici concessi per intercessione di San Giuseppe, di grande rilevanza è la simbologia cristiana, sia degli elementi che compongono l’altare, sia degli “squartucciati”.

Davanti l’altare è posto un grande piano ricoperto da tovaglie bianche ricamate, sul quale sono disposte decine e decine di pietanze d’ogni genere, preparate soprattutto con le primizie dei campi, prodotti “poveri” della civiltà contadina.

Nel pomeriggio del 18 è usanza visitare gli altari. In passato era di rito offrire agli ospiti ceci “caliati”, ma oggi l’offerta si è arricchita di dolci e pane benedetto: chi fa visita, nel ricevere i doni non deve mai dire grazie, in quanto l’omaggio è dovuto dal padrone di casa, in sintonia con le parole di Gesù “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Matteo 10,8), per cui “pi San Giuseppi grazie un si dici”!

Il giorno 19, alle ore 12.00, davanti l’altare, su una tavola apparecchiata per tre persone che un tempo erano tre poverelli, alludenti alla Sacra Famiglia, viene offerto ad essi un pranzo con le numerose pietanze preparate.

Nel menù è bandita la carne, in quanto si è in periodo di Quaresima, ma è obbligatorio un primo piatto molto particolare, composto per 3/4 di spaghetti, conditi con uno speciale sugo di pomodoro, arricchito da broccoli, finocchietto selvatico, erbe dette puddicini, il tutto cosparso di mollica abbrustolita, e per ¼ di riso bianco accompagnato da fagioli. Tra i dolci non devono mancare “cannoli, sfinci, cassateddie soprattutto la “pignulata”, tocchetti di pasta fritta cosparsi di miele.
Particolarmente suggestivo è il momento in cui il “Capo Famiglia”, che ha allestito l' “artaru”, fa lavare le mani ai tre “Santi” e con il vino rosso vi imprime il segno della croce e le bacia. Il vino richiama quello consacrato
durante l’Ultima Cena che non diventa semplicemente il sangue di Cristo ma «il sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati» (Mt 26,28).

Inizia quindi il pranzo dei tre commensali che dovranno assaggiare tutte le pietanze. 

Considerata la grande abbondanza di cibo benedetto, di quel che resta se ne fa dono ai partecipanti, ai vicini di casa, a parenti e amici, per pura devozione.

Anche a Salaparuta, con le stesse modalità, si celebra la festività di San Giuseppe che è patrono del paese: si allestiscono altari e si preparano “squartucciati”, meno elaborati, tra i quali spicca la cosiddetta “spera”, a forma di ostensorio con al centro il monogramma di Cristo IHS, Iesus Hominum Salvator. Una variante si ha nel condimento della pasta: sugo di pomodoro, simbolo di fertilità, con l’aggiunta di cavolfiore, finocchietto selvatico e mollica abbrustolita e zuccherata.

Lina Novara

Foto di Giancarlo Nifosì

 

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