Gesù nell'orto e L'arresto.
Gesù nell’orto
La scena si svolge a Gerusalemme nell’orto di Getsemani, frantoio per l’olio, alle falde del Monte degli Ulivi, dove Gesù, dopo la cena del giovedì, era andato a pregare assieme agli apostoli Pietro, Giovanni e Giacomo, i quali però vinti dal sonno e dalla stanchezza si addormentarono.
È questo per Gesù un momento di grande turbamento che rivela le sue due nature, quella umana e quella divina; staccatosi dal gruppo, “alcuni passi”, prega infatti Dio di allontanare il calice della passione, ma subito dopo accetta la volontà del Padre (Luca XXII, 39-46). Al termine della preghiera, dal cielo scende un angelo che gli offre il calice, simbolo della passione, e la croce, simbolo della morte.
Il gruppo viene tradizionalmente attribuito a Baldassare Pisciotta (1715-1792) che, nel ricostruirlo, forse riutilizzò parti del precedente “Mistero”, affidato al ceto degli ortolani fin dal 27 aprile 1620. L'iconografia è quella consueta dell'Orazione nell'orto, che visualizza il testo evangelico “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice… Gli apparve allora un Angelo dal cielo a confortarlo” (Luca 22, 42-43).
La scena è carica di naturalismo e soprattutto la figura di Cristo raggiunge alti accenti di espressività; il suo viso mostra un profondo turbamento, quasi estatico, rafforzato dalla posa delle braccia e dal gesto delle mani che indicano preghiera ma anche rassegnazione.
Gli apostoli dormono profondamente! Pietro ha la fisionomia fissata nel V secolo dalla descrizione di Eusebio di Cesarea (III-IV secolo): è un uomo di mezza età, dai capelli corti, stempiato con ricciolo isolato, barba crespa, tratti marcati. La sciabola in argento (sec. XIX) che tiene in mano, prefigura il gesto impulsivo che l’apostolo avrà successivamente nel ferire il soldato Malco, durante l’arresto di Gesù.
Giovanni è riconoscibile perché è il più giovane e viene rappresentato senza barba.
Giacomo ha il viso dai lineamenti gentili e reca sulla mantellina una conchiglia, simbolo dei pellegrini che si recavano a Santiago de Compostela, e che, per comprovare l’avvenuto pellegrinaggio, si spingevano fino al mare di Finistere per raccogliere una conchiglia. Accurata è la resa ad intaglio delle capigliature e delle barbe; in particolare i capelli di Gesù, assieme alla barba corta e bipartita sul mento, sono motivi iconografici comuni ai crocefissi trapanesi sia coevi che del secolo XVII.
Probabilmente l’autore del gruppo si ispirò a stampe devozionali, incisioni di opere di grandi artisti, che a Trapani erano presenti presso i conventi e la Compagnia di Gesù.
L’arresto
Il gruppo, affidato ai “ferrari” in epoca imprecisata, sintetizza in un’unica scena due momenti relativi all’arresto di Gesù: la cattura da parte di un tribuno e di una guardia ed il ferimento di Malco da parte di Pietro. L’evangelista Giovanni riferisce che Giuda, “presa la coorte e le guardie mandate dai capi dei sacerdoti e dai farisei”, andò nell’orto di Getsemani dove Gesù si era recato a pregare con i discepoli, “con lanterne, torce e armi… La coorte, dunque, il tribuno e le guardie dei Giudei presero Gesù e lo legarono” (Giovanni XVIII, 3; 12-13).
L’episodio rappresentato nel “Mistero” si svolge quindi di notte nel momento in cui Gesù viene arrestato, ma non è presente Giuda. Pietro, preso dall’ira nell’assistere alla scena, nel tentativo di difendere il maestro sguaina la spada che aveva con sé e colpisce Malco, servo del pontefice, staccandogli l’orecchio destro. “Allora Gesù gli disse: Rimetti la tua spada al suo posto, perché chi impugnerà la spada di spada perirà”. Secondo Luca (XII, 47-53), Gesù con un gesto di misericordia toccò l’orecchio di Malco e glielo riattaccò.
La rappresentazione, sebbene convenzionale nei gesti e nelle pose dei personaggi, contrappone alla concitazione di Pietro e alla sua azione sanguinosa, la rassegnazione di Gesù, vestito con una lunga tunica blu indicante la sua natura divina, ed un mantello rosso simboleggiante la sua umanità.
Pietro ha il volto corrispondente alla consueta iconografia ed è nell’atto di librare in alto la spada, mentre con la sinistra va a sfiorare la capigliatura di Malco, in una sorta di corrispondenza di gesti che si sviluppano sia in diagonale, sia in parallelo attraverso il braccio alzato di Malco: la posa distesa di questi, con la gamba destra sospesa nell’aria, fa intuire la precaria stabilità della figura.
Meglio riuscite, dal punto di vista espressivo risultano le figure del tribuno che incatena Gesù e del giudeo che gli illumina il viso con una torcia d’argento (1983), personaggi probabilmente tratti da modelli reali, provenienti dai ceti meno abbienti e che, come talvolta avviene in pittura, hanno volutamente i volti sgraziati, quasi a sottolineare la loro indole turpe e violenta.
L’attuale “Mistero” sostituisce l’originario che, sulla base di fonti documentarie, viene riferito allo scultore Nicolò de Renda (prima metà sec. XVII). Danneggiato per una caduta dei portatori, nel 1765 venne rifatto da Vito Lombardo che riutilizzò le teste di Gesù, di Pietro, del giudeo e del soldato, mentre rifece completamente la figura di Malco.
Lina Novara
Testi tratti da: L. Novara, «Settimana Santa a Trapani. I riti e i “Misteri”», Associazione Eventiamo, Trapani 2022.
È vietata qualsiasi forma di riproduzione totale o parziale senza il permesso del possessore dei diritti di autore.