"U ZZU CICCIU" HA RISCOPERTO IL CALCOLO INFINITESIMALE

"U ZZU CICCIU" HA RISCOPERTO IL CALCOLO INFINITESIMALE

"U ZZU CICCIU" HA RISCOPERTO IL CALCOLO INFINITESIMALE

di PEPPE DITTA – PACECO undici – dicembre 2006 – Ed. La Koinè della Collina

"U zzu Cicciu", contadino figlio di contadino, era avvezzo a una vita spartana e piena di stenti; anzi era vissuto, poverino, sin dalla nascita con gli stenti e per “tradizione” di famiglia non aveva conosciuto altro che privazioni! “ U zzu Cicciu “, vuoi o non vuoi, era limitatissimo nelle esigenze, seguiva poco l’evoluzione sociale e, soprattutto, era e doveva essere di carattere risparmioso. Si alzava all’alba per andare a lavorare; per sua fortuna e comodità possedeva un asinello cagliaritano e quindi aveva un “tram” che gli consentiva di raggiungere il feudo dove lavorava e di tornare a Paceco dove risiedeva. Durante il viaggio di ritorno c’era la possibilità di raccogliere un po’ di verdura, cresciuta vicino a scarichi d’acqua, che gli consentiva di riempire di più il “quararu” e di ovviare, così, alla penuria cronica degli alimenti principali. Un giorno d’estate uscì di casa alle tre di notte per riuscire a raggiungere il feudo appena in tempo per iniziare a mietere il grano. Fatica e sudore ! Sulla via del ritorno a Paceco, seduto sul carro e dondolandosi per via della presenza delle “scaffe” disseminate sulla strada, pensava alla sua “Saridd(r)a” e ai suoi bambini che l’aspettavano con la solita minestra. Notava sulla strada abbondante stoppia caduta dai carri che in quel periodo, numerosi, trasportavano i covoni dal punto di mietitura al “piazzamento” dove la trebbia aveva soppiantato completamente il lavoro degli uomini e degli animali nell’aia. “ U zzu Cicciu “ pensò che anche “a ristuccia” poteva alleviare la pressante indigenza in cui si trovava e si mise a raccogliere la stoppia che trovava sparsa, ma abbondante, sulla strada e sui terreni limitrofi alla strada; “Saridd(r)a” l’avrebbe usata per cuocere le pietanze. Trovandosi con abbondante stoppia sul carro s’invogliava, ogni qualvolta ne trovava altra, dicendo: “ E chissa è nnenti”! Non si arrese neanche quando la stoppia gli formò una “tomita” sul carro e l’asino cominciò a dare segni di stanchezza. “ E chissa è nnenti” continuava a dire quando si chinava per raccogliere altra stoppia; e così il tempo trascorreva e “ U zzu Cicciu ” non faceva altro che salire e scendere dal carro per raccogliere altra “ristuccia”. Diceva così per incoraggiarsi a raccogliere altra stoppia giustificando che quanto raccoglieva rappresentava per il somaro un peso trascurabile. “ E cchissa è nnenti ”; scendeva dal carro, raccoglieva altra stoppia e via via aumentava l’altezza della sua “poltrona”, che raggiunse la quota di un piccolo “Castellaccio”. Rivolse uno sguardo all’asino madido di sudore e gli disse: “Scusami Cicciu” (aveva attribuito all’asino il suo stesso nome), “ e cchissa è nnenti”: fu l’ultima volta che raccolse la stoppia, avendo avvistato il campanile della Chiesa Madre. L’asino aveva i “naschi tanti” ansimava come un mantice, aveva la bava alla bocca, tirava il carro con enorme fatica, ma si “convinse” che per questioni di dignità doveva arrivare a casa; “ a zza “Saridd(r)a” uscì con gli occhi lucidi, non più oppressa dall’ansia accumulata per il ritardo del marito, e salì sulla “ tòmita” per abbracciarlo. “ U zzu Cicciu ” scese dal "Castellaccio” e abbracciò i figli, Pitruzzu e Carminedd( r )u. “ U sceccu” non poté aspettare un altro minuto per festeggiare il ritorno a casa, in quanto stramazzò al suolo, morto. “ U zzu Cicciu “ pianse per aver perduto un collaboratore domestico e un bene! Fra un singhiozzo e l’altro si rivolse alla moglie, anche lei piangente, e le disse: “Saridd(r)a” mia, ‘un ci criria che tanti nenti putianu ammazzari u sceccu”. Il calcolo infinitesimale è nato nell’era precristiana dalle idee, ancora in forma larvata, del matematico greco Eudosso di Cnido; fu formalizzato, dopo contributi significativi di diversi matematici, nel XVII secolo dai matematici Leibniz, tedesco, e Newton, inglese. Ma è stato riscoperto, inconsapevolmente, da “ u zzu Cicciu “ di Paceco nei primi decenni del XX secolo. (Foto tratta da www.agraria.org.)

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