Cinquemila candele di fronte al Santuario di Montepellegrino.
Un giglio luminoso composto da cinquemila candele: ieri sera di fronte al Santuario di Montepellegrino, una folla di fedeli ha partecipato alla nascita dell’installazione dello stilista Angelo Yezael Cruciani Shi, su progetto di Stefania Morici. Come era già successo a luglio scorso sul sagrato della Cattedrale, anche questo “fiore” è nato da mille mani di grandi e piccini, ma con un significato in più. La presenza dei rappresentanti di religioni diverse ha fatto sì che il “giglio” di santa Rosalia diventasse spontaneamente un simbolo di pace, di dialogo e di convivenza.
La Santuzza ha dunque fatto il miracolo: su un unico palco, l’Imam di Palermo, lo sceicco Badri Al Madani, i rappresentanti delle comunità filippine, tamil, induiste, con i loro costumi della festa; un religioso ortodosso, la comunità tunisina, il Forum Ucraina, il direttore dell’Ufficio per il dialogo ecumenico e interreligioso della Diocesi, padre Piero Magro e il delegato dell’ufficio, Antonino Tripodo, il presidente della Consulta delle Culture, Ibra Kobena, l’associazione culturale femminile Le Rose Bianche; e ha inviato una preghiera fratel Biagio Conte.
Un’iniziativa che in poche ore si era trasformata in un’unica preghiera interconfessionale alla santa patrona di Palermo, ma anche alla “santuzza” amata dalle famiglie immigrate, dagli ultimi, da chi professa una fede diversa da quella cattolica. Rosa et Lilium, ovvero rose e gigli, ovvero Rosalia. Il nome della patrona, secondo l’etimologia di origine latina potrebbe essere composto proprio da questi due fiori, simbolo di purezza e regalità.
Photo: Igor Petyx