Copatrona con Sant’Alberto della città, patrona della Diocesi, la Madonna di Trapani è veneratissima dal popolo trapanese che ne celebra la festività il 16 di agosto. Sull’origine del simulacro marmoreo custodito nel Santuario dell’Annunziata dai frati Carmelitani, sull’autore, sul suo arrivo a Trapani si è tanto scritto, ma la mancanza di fonti certe lascia insoluta la problematica. Secondo una leggenda tratta da un perduto manoscritto in siciliano del 1380, trascritto in italiano circa trecento anni dopo, la statua sarebbe stata realizzata a Cipro nel 733, per poi essere trasportata e venerata in Siria. Nel 1244 tre cavalieri templari, sotto la minaccia dei Turchi, l’avrebbero portata via, dentro una cassa, su di una nave veneziana diretta a Pisa, città natale di Guerreggio, uno dei templari. Forti tempeste costrinsero la nave a fare scalo prima a Lampedusa e poi a Trapani dove i tre cavalieri lasciarono in consegna la statua al console pisano, il quale la custodì provvisoriamente nella chiesa della Madonna del Porto (poi Madonna della Grazia, in via Biscottai, ora distrutta), dove poco prima erano stati ospitati i Carmelitani, giunti a Trapani nel 1238, anch’essi costretti a lasciare la Terra Santa. Quando la cassa venne posta su un carro trainato da buoi per essere imbarcata alla volta di Pisa, gli animali non si diressero verso il porto ma fuori città, verso la zona dell’odierno Santuario. A questo punto della vicenda all’ordine dei templari subentra quello dei Carmelitani che verso il 1250 ebbero in dono dal notaio Domenico Ribaldo e dalla moglie Palma, una cappelletta con i terreni circostanti, per edificarvi un convento e una chiesa, i cui lavori iniziarono intorno al 1315. Cosa sia accaduto dopo il 1250 non è dato sapere, ma l’esame stilistico della statua odierna della Madonna di Trapani, induce a datarla intorno al 1360 e fa ipotizzare che nella lunga vicenda di statue ve ne siano state più di una. Tuttavia la chiesetta donata dal notaio ai Carmelitani era dedicata a Maria SS. Annunziata, dedica che i frati mantennero per la nuova chiesa. La statua che attualmente si venera ha l’iconografia di una “Madonna con Bambino” e non dell’Annunziata che, tradizionalmente, viene rappresentata assieme all’angelo. Le leggendarie origini e le miracolose vicende legate all’arrivo per via mare, che hanno tanto interessato gli storici locali, perdono significato dinanzi all’esame stilistico e al confronto con opere dello scultore Nino Pisano, vissuto tra il 1315 e il 1368, al quale la statua viene ragionevolmente attribuita. Il simulacro raffigura Maria in piedi con il Bambino Gesù appoggiato al fianco sinistro, mentre con la mano destra sostiene la manina sinistra del figlio. Il corpo di Maria si sviluppa attraverso una linea sinuosa e assume una posa ancheggiante tipicamente gotica. Il modellato si caratterizza per gli effetti dinamici provocati dall’andamento diagonale delle curve del panneggio e verticale della cascata di pieghe che partono dal Bambino. Maria reclina lievemente la testa con una leggera torsione del collo, volgendosi verso il figlio con il quale sembra instaurare un colloquio di sguardi: indossa una veste quasi completamente nascosta dal drappeggio del manto che l’avvolge creandole sul fianco destro dei giri falcati e concentrici di pieghe. Il Bambino, di proporzioni minute, è vestito con una lunga tunichetta che lascia scoperto il piede sinistro. La Vergine ha le labbra sottili e uno sguardo pieno di dolcezza e di mestizia: un leggerissimo velo scende dai capelli, lasciando ampiamente intravedere le lunghe ciocche. La statua si colloca a buon diritto entro il percorso stilistico di Nino Pisano e viene a costituire un momento di notevole importanza nell’attività dello scultore che Vasari definisce esperto “veramente a cavare la durezza dei sassi e ridurli alla vivezza alla vivezza delle carni”. L’inclinazione un po’ manierata della figura, derivante dalla contemporanea scultura gotica francese, attraverso la quale lo scultore dà fluidità alla composizione, il movimento delle pieghe, l’affettuoso intenso sguardo di Maria, filtrato dalla lezione di Giovanni Pisano, conferiscono all’opera grande naturalezza e umanità e ne fanno una “tra le più alte realizzazioni dell’artista”, come la definì lo storico dell’arte Stefano Bottari nel 1956. Qualche rigidità nel giro falcato delle pieghe e qualche incertezza nella resa della mano sinistra non escludono la partecipazione di collaboratori, forse anche del fratello Tommaso, ma non pregiudicano la paternità di Nino e nulla tolgono alla armonia complessiva dell’opera che, a buon diritto, può rientrare tra le migliori che la scultura del ‘300 abbia prodotto in Italia. La statua è riferibile all’ultima fase dell’attività dello scultore e trova riscontri nella “Madonna del latte” di Pisa per l’impaginazione delle pieghe, per i caratteri fisionomici e per il trattamento delle mani e dei capelli di Maria, ad ampie anse parallele che incorniciano il viso. La grande devozione che la statua ha suscitato nei secoli e il diffondersi del culto, anche fuori dai confini dell’isola, ha contribuito alla fortuna di marmorari, scultori in corallo, alabastro e pietre dure, intagliatori ed anche alla fortuna della città stessa e dell’ordine carmelitano, soprattutto nei secoli XVII e XVIII. Catalani, fiamminghi, genovesi, cavalieri di Malta, nord-africani e quanti, di vari ceti sociali, orbitarono attorno al porto di Trapani diffusero l’immagine della Madonna con Bambino oltre l’Italia e in tutto il Mediterraneo. Tale diffusione, nonché la bellezza dell’opera, hanno determinato la creazione di un modello iconografico seguito dagli scultori dei secoli successivi - non esclusi nel XV e nel XVI secolo Francesco Laurana e i Gagini - e la produzione di numerose copie, fino ad arrivare alle statuette ricordo in alabastro, in corallo, in avorio che, secondo Nobile, raggiunsero il numero di 5.000 sul finire del ‘600, e alle miniaturistiche riproduzioni su orecchini, pendenti e oggetti devozionali dei secoli XVII e XVIII. In tutte le copie sono ripetuti i connotati iconografici della famosa statua, come il duplice giro falcato delle pieghe sul fianco destro della Madonna e il panneggio che scende sotto la figura del Bambino, ma sempre diversi e meno aggraziati sono i volti che nessuno degli scultori successivi è riuscito a imitare o a rendere uguale nell’espressione a quello della veneratissima statua del Santuario dell’Annunziata di Trapani.

Lina Novara