LA DICIOTTESIMA SCINNUTA DEI MISTERI

LA DICIOTTESIMA SCINNUTA DEI MISTERI

LA DICIOTTESIMA SCINNUTA DEI MISTERI

Il trasporto al sepolcro

Il diciottesimo gruppo, con l’episodio “Il trasporto al sepolcro”, conclude il ciclo della Passione. Secondo il Vangelo di Giovanni (Giovanni XIX, 38-40), “Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma segreto per paura dei Giudei, chiese a Pilato di togliere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse… Venne anche Nicodemo… Presero dunque il corpo di Gesù e lo avvolsero con le bende assieme agli aromi, secondo l’usanza di seppellire dei Giudei”. Il tema del “Trasporto di Cristo al sepolcro”, iconograficamente identificabile con la Deposizione nel sepolcro, che ha avuto ampia diffusione nella Storia dell’Arte, soprattutto in pittura, implica un’azione dinamica, variamente interpretata e differenziata dagli artisti. Nella sacra rappresentazione del “Mistero”, Gesù, disteso sul lenzuolo con il corpo ancora sanguinante, viene trasportato al sepolcro da Giuseppe di Arimatea, Nicodemo e Giovanni: l’accompagnano Maria, straziata dal dolore, e Maria Maddalena. Come nella tradizione sacra Giuseppe regge il corpo di Cristo per le spalle, Nicodemo per i piedi. Il gruppo viene attribuito al trapanese Giacomo Tartaglio (1678-1751), un raffinato artista distintosi nel panorama locale per pregevoli lavori in marmo tra cui la statua di Santa Rosalia e i busti di Sante della chiesa del Collegio dei Gesuiti di Trapani. Questa attribuzione riguarda però, come in altri casi, il rifacimento dell’originale “Mistero” di “Christo dentro lo linzolo”, già affidato ai corallai nel 1619, poi da questi restituito, nel 1790, alla Compagnia di San Michele Arcangelo per poi riprenderlo qualche anno dopo e restituirlo definitivamente nei primi dell’Ottocento. In seguito venne concesso ai salinai i quali tuttora ne sono affidatari. Giuseppe Maria Di Ferro nell’elogiare il Tartaglio riferisce che nel “trasporto di Gesù Cristo al sepolcro… le espressioni, le fisionomie, le mosse, la verità, gli affetti, formano un nesso di bellezze. Le vesti, i manti, i coturni, gli ornamenti delle teste vengono ad esibire assai bene agli occhi nostri il costume orientale non solo, che quello peculiarmente israelitico”. Dopo i gravi danni subiti a causa del bombardamento del 1943 che ridusse in macerie la chiesa e l’oratorio di San Michele dove erano custoditi i “Misteri”, il gruppo è stato ricostruito da Giuseppe Cafiero nel 1949, riutilizzando frammenti recuperati dal precedente e rispettandone la composizione, l’iconografia dei personaggi ed alcuni dettagli decorativi. Tutte le figure ruotano attorno alla figura esamine di Cristo, realizzato in sughero rivestito di gesso e colla. Su tutte sovrasta Maria, chiusa nel manto e nel dolore, con le braccia aperte in senso di desolazione, gli occhi bagnati di pianto, l’espressione straziata. Nell’esprime il dolore di una madre per la morte di un figlio, è raffigurata come “Mater Dolorosa”, corrispondente all’iconografia dell’Addolorata. Giovanni, in piedi, dirige le mani verso il lenzuolo e, contrariamente all’iconografia tradizionale che lo vuole imberbe, ha barba e baffi. Fluente e articolata è inoltre la sua capigliatura con le ciocche ondulate che gli ricadono sulle spalle. Maria Maddalena, dal volto umanissimo, è rappresentata con lunghi capelli sciolti, in riferimento all’episodio evangelico secondo cui asciugò con i propri capelli i piedi di Cristo, dopo averli bagnati con le lacrime di pentimento. Questa figura trova assonanze formali e compositive con la statua della Madonna del Carmelo (1734), eseguita da Giacomo Tartaglia per la chiesa dei Carmelitani di Licata. I tre personaggi sacri vestono lunghe tuniche dalla linea morbida, strette a vita da fasce colorate d’oro zecchino, e sono provvisti di ampi mantelli: Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea portano copricapi di foggia orientale, in riferimento all’area geografica di provenienza. Arimatea, città d`origine di Giuseppe, corrispondeva all`antica Ramataim, oggi Rentis, a pochi chilometri dall`odierna Tel Aviv. Elementi patetici aggiungono alla drammaticità della scena le piaghe di Gesù, segate dal colore rosso del sangue, e i buchi nei piedi, lasciati dai chiodi e messi in evidenza dalla posizione; il lenzuolo bianco, il “sacro lino” nel quale è avvolto, ha carattere devozionale e valore simbolico in quanto assimilabile alla sacra Sindone, conservata a Torino, il sudario sul quale rimase impressa la sua immagine. Nel 2014 è stato restaurato dalla Partenope Restauri di Elena Vetere. Lina Novara

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