TRAPANI: ECCE HOMO

TRAPANI: ECCE HOMO

TRAPANI: ECCE HOMO

Oggi, 22 marzo l`undicesima scinnuta

Il gruppo statuario Ecce Homo occupa l’undicesimo posto nell’ordine processionale dei Misteri e rappresenta un episodio riferito da Giovanni nel suo Vangelo. Pilato, mostrando alla folla Gesù, beffardamente vestito come un re, con una corona di spine, un mantello rosso ed una canna in mano, alludente allo scettro, dice: “Ecco l’uomo che avete accusato, nel quale non trovo colpa, e che tuttavia ho fatto punire come se fosse colpevole … Posso infine liberarlo!” (Giovanni XIX, 4-7). Ma la folla, i sacerdoti e le guardie gridano “Crucifige! Crucifige!”. L’episodio, frequentemente rappresentato nei cicli della passione di Gesù, ha il valore di una scena plateale nella quale Pilato, che ne è il protagonista, offre alla folla un’immagine di un Cristo, caricaturalmente abbigliato da re: alla sontuosità degli abiti del prefetto romano della Galilea che ha un gesto quasi di persuasione nei confronti della folla, fa da contrasto la nudità del figlio di Dio, fattosi uomo e rappresentato nell’afflitta posa della vittima sacrificale, con le mani legate tramite la corda tenuta dal tribuno, e con il volto dall’espressione dolorante, bagnato dal sangue delle ferite provocate dalla corona di spine. Il gruppo statuario fu concesso alla categoria dei calzolai il 31 marzo 1622. Giuseppe Di Ferro attribuisce a Giuseppe Milanti la paternità dell’opera, ma considerando che lo scultore visse nella seconda metà del secolo XVII, si può solo ipotizzare che avesse rifatto il gruppo; quello attuale è tuttavia il risultato di un documentato restauro avvenuto nel 1757 ad opera di Baldassare Pisciotta che eseguì, su commissione dei consoli dei calzolai, lavori di sistemazione e ridipintura delle tre statue, oltre che il disegno della nuova vara. Il modo di trattare l’anatomia del corpo nudo di Cristo, che si sviluppa su una linea ondulata, sembra allontanarsi dalla descrizione dei muscoli e dalla componente realistica che caratterizza le opere del Milanti, al quale con certezza può riferirsi il “Crocefisso” della chiesa del Carmine di Trapani, firmato e datato 1697. Il viso allungato, l’espressione del volto, i polsi incrociati e legati, la posa delle gambe – la destra avanti e la sinistra indietro – orientano invece la statua verso il “Cristo alla colonna” in “pietra incarnata” di autore ignoto, datato 1656, periodo in cui era attivo un altro Milanti, Leonardo, padre di Giuseppe: l’opera è ora collocata nella cappella del SS. Sacramento della Cattedrale di Trapani. Molto caratterizzati ed espressivi sono i volti degli altri due personaggi, Ponzio Pilato e un arcigno tribuno con corazza, entrambi, forse da attribuire ad altra mano, e che fanno venire in mente talune opere riferite al trapanese Giacomo Tartaglio (1678 – 1751), tra cui il “San Francesco di Paola” della chiesa eponima di Trapani. Curato e attentamente descritto è anche il loro abbigliamento: per la figura di Pilato, una “mise” orientaleggiante, formata da un copriabito smanicato che lascia in evidenza la tunica a maniche rigonfie, impreziosita da fregi dorati, e un esotico turbante. Per il tribuno, una divisa militare provvista di corazza, ed elmo legionario romano a calotta con paranuca, sormontato da un elemento destinato a sostenere il cimiero di piume, riservato solo agli ufficiali e ai centurioni. Sul corpo nudo di Gesù, con ai fianchi un perizoma bianco, spicca invece il mantello di colore rosso che gli era stato posto sopra le spalle per beffarda parodia dei manti degli imperatori di color porpora. Le figure di Pilato e di Gesù, per l’aspetto iconografico, trovano riferimenti nella tela dell’“Ecce Homo” di Ludovico Cardi, detto il Cigoli, forse nota all’autore attraverso le incisioni che circolavano nelle biblioteche degli ordini monastici e presso i Gesuiti. Non vanno inoltre dimenticate le numerose “sculture in piccolo” raffiguranti l’“Ecce Homo”, create dagli esperti maestri trapanesi con l’alabastro, l’avorio e altri materiali, vanto dell’artigianato artistico trapanese dei secoli XVII e XVIII. L’elemento che caratterizza questo “Mistero” è la balaustra d’argento, realizzata nel 1881 dall’argentiere trapanese Giuseppe Parisi, che allude al balcone, simbolo della presentazione di Gesù al popolo, fatta dal pretorio di Gerusalemme, vicino ad una torre della fortezza Antonia. La scenografia del balcone, che per dimensioni è il più grande fra gli ornamenti dei “Misteri”, ben si confà alla platealità della scena. Sull’argento è incisa la seguente frase: GIUSEPPE PARISI COSTRUI’ E CESELLO L’ANNO 1881. Il balcone, finemente lavorato a sbalzo e cesello con motivi decorativi neoclassici, reca i simboli dell’eucaristia: le spighe e l’uva, alludenti al corpo e al sangue di Gesù Cristo. Nel 1987 il gruppo scultoreo è stato sottoposto a restauro da Angelo Cristaudo e nel 2017 dalla Partenope restauri di Elena Vetere. LINA NOVARA