Oggi, 18 marzo, la Flagellazione
Con “La flagellazione”, nono gruppo processionale, hanno inizio le fasi del supplizio subìto da Gesù nella mattina del venerdì, presso il pretorio di Gerusalemme: legato ad una colonna viene flagellato. L’episodio, raccontato nei Vangeli di Giovanni, Matteo e Marco, da quest’ultimo è così riferito (XV, 12-15): “Pilato volendo contentare il popolo, liberò Barabba e dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocefisso”. Il gruppo, affidato ai muratori e marmorari fin dal 3 maggio 1620, ripropone l’iconografia del “Cristo alla colonna”, episodio molto frequente nella Storia dell’Arte, sia nei cicli della Passione, sia come figura isolata destinata a suscitare nello spettatore un forte impatto emotivo. Largamente diffuso attraverso stampe devozionali ed incisioni, è stato il tema di famose opere sia scultoree che pittoriche, tra cui vanno ricordate le celebri versioni del Caravaggio. L’iconografia dei due flagellanti risente di un certo tipo di pittura di maniera e trova riferimenti iconografici nell’affresco raffigurante “La flagellazione di Cristo”, di Bernardino Luini, eseguito nel 1516, nella chiesa di San Giorgio al Palazzo a Milano; la figura di sinistra richiama lo stesso soggetto del dipinto (1542) di Vincenzo da Pavia, già nella chiesa di San Giacomo alla Marina di Palermo, ora nella Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis a Palermo, o quello della “Flagellazione” (1585) di Simone de Wobreck del Museo Diocesano di Palermo. Nella figura di Cristo, eseguita intorno al 1890 da Pietro Croce (1826- 1900), scultore, stuccatore e pittore ericino, sembra palese il riferimento alla stessa figura de “La flagellazione di Cristo” del Caravaggio, un dipinto ad olio su tela, realizzato tra il 1607 e il 1608 e conservato nel Musée des Beaux-Arts a Rouen, opera certamente conosciuta dal Croce attraverso gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo. Nel gruppo di Trapani la forza espressiva e il naturalismo delle opere del grande Merisi sono mitigate, ma il movimento di torsione verso destra, la capigliatura, la tensione dei muscoli del collo, la descrizione anatomica del torace rievocano proprio il corpo straziato del dipinto caravaggesco, con la variante delle mani legate e addossate all’addome. I tre personaggi sono disposti sulla pedana lignea in una composizione simmetrica come su di una scena che pone al centro il protagonista, in posizione avanzata rispetto agli altri due personaggi che lo flagellano alle spalle; il soldato con un fascio di rovi e lo sgherro con una frusta hanno volti popolari e sgraziati, e ripetono entrambi, in modo manierato, l’identico gesto del braccio destro sollevato per colpire. Il giudeo è rappresentato nell’atto di chi, per raccogliere maggiore forza, fa ruotare il torace e spinge in alto le braccia prima di colpire; è un gesto violento ma che perde efficacia per il volto e lo sguardo del personaggio rivolti altrove, forse per non vedere lo strazio di Gesù. L’attenzione dell’osservatore viene attratta dal corpo nudo di Cristo, posto in primo piano, che legato ad una colonna, rivestita d’argento durante la processione, si piega sotto i colpi delle percosse e per il dolore delle ferite. La colonna è l’elemento iconografico che contraddistingue questo episodio: intera o spezzata, come nel gruppo trapanese, è sempre presente nell’episodio della flagellazione, sia in pittura che in scultura: si ricordano, in ambito siciliano, il dipinto (1639) del pittore fiammingo Mattia Stomer, presso l’Oratorio del Rosario, attiguo alla chiesa di San Domenico a Palermo e le numerose opere in alabastro, tra cui il “Cristo alla colonna” in “pietra incarnata” (1656), ora nella cappella del SS. Sacramento della Cattedrale di Trapani. Sulla statua del gruppo, Pietro Croce, artista di formazione accademica orientata verso il neoclassicismo, indugia nella descrizione naturalistica del corpo sofferente, con viso allungato e zigomi sporgenti, che, sebbene appesantito nelle forme, risulta fortemente patetico per la resa realistica di taluni particolari quali le ferite e il colore rosso del sangue che ne fuoriesce. Al Croce, autore del Cristo de “L’ascesa al Calvario”, opera sostituita nel 1903 dall’attuale, nel 1890 venne dato incarico di restaurare il gruppo “La flagellazione”, danneggiato in seguito ad una rovinosa caduta dei portatori all`ingresso della chiesa di San Nicola. Un altro intervento di restauro è stato effettuato nel 1966 per mano di Giuseppe e Benvenuto Cafiero; nel 1987 un restauro conservativo ad opera di Angelo Cristaudo ha restituito alle statue i colori originari. Un ulteriore intervento è stato effettuato nel 1997/98. Lina Novara Foto: internet