TRAPANI: LA PRIMA SCINNUTA

TRAPANI: LA PRIMA SCINNUTA

TRAPANI: LA PRIMA SCINNUTA

Il gruppo della Separazione

“La Separazione”, primo gruppo della processione dei Misteri, apre le scinnute Il gruppo statuario La Separazione è il primo dei diciotto gruppi raffiguranti scene della Passione di Cristo, che, seguiti dai simulacri di Gesù nell’urna e dell’Addolorata, compongono la processione dei “Misteri” del Venerdì Santo a Trapani. La Separazione raffigura un episodio assente nei Vangeli che deriva dalla tradizione devozionale medievale e dai testi apocrifi i quali hanno aggiunto ai racconti della Passione elementi emotivi ed episodi patetici come, appunto, il congedo simbolico di Cristo dalla madre, avvenuto a Nazaret o a Betania. I personaggi sono tre: oltre a Gesù, sono rappresentati Maria e Giovanni, le figure che ebbero un ruolo importante nella sua vita: Maria, la madre, e Giovanni, l’apostolo prediletto, presente nei momenti più significativi della vita di Cristo, l’unico dei discepoli a rimanere presso la croce fino alla sua morte. Lo ritroveremo infatti negli ultimi tre gruppi processionali. Gesù prima di morire affidò a Giovanni la madre e lui le rimase sempre vicino accompagnandola fino alla fine dei suoi giorni, confortandola e condividendone l’indicibile dolore. L’episodio, che è raro nella Storia dell’Arte, viene qui sviluppato attraverso una composizione equilibrata nella quale le tre figure sono poste a distanza ravvicinata, per l’evidente ragione di occupare minore spazio nella vara. La disposizione semicircolare richiama alla mente alcune composizioni raffaellesche alle quali si può accostare l’ideale semicerchio che dalla spalla destra di Maria si sviluppa fino a quella sinistra di Giovanni. Maria, alla destra di Gesù, è nell’atto di porre la mano sinistra sulle spalle del figlio, in un gesto che sottolinea il vincolo affettivo tra madre e figlio. È raffigurata secondo i canoni iconografici tradizionali: ha una tunica rossa che sta ad indicare la sua umanità e nel suo corpo scorre sangue che è di colore rosso; ha un manto azzurro, simbolo della divinità della quale si è ricoperta divenendo la madre di Gesù. La pregevole scultura assume poi connotati umani e dolorosi nell’espressione del viso e nello sguardo che è pietosamente rivolto verso il figlio. Gesù è più basso rispetto alle altre due figure perché è nell’atto di inchinarsi leggermente davanti alla madre, in segno di rispetto, di devozione. Molto intensa è l’espressione del volto, che attraverso il muto colloquio fatto di sguardi tra madre e figlio, fa intuire il dolore per la separazione e il presagio della morte. In quanto figlio di Dio e pertanto di natura divina, al contrario di Maria, Gesù veste una tunica azzurra, simbolo di divinità, ed un manto rosso, allusione all’essersi fatto uomo. Nel Vangelo di Giovanni si specifica che «quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo». Giovanni è raffigurato come un giovane imberbe, con baffi e capelli lunghi, in piedi, in posa composta, mentre dirige la mano destra verso gli occhi, in segno di grande dolore, come per volere asciugare le lacrime. Ha un volto dai lineamenti gentili, messo più in evidenza dalla fronte larga e dal reclinare del capo verso il basso; l’aspetto virginale di Giovanni trae origine dalla Legenda Aurea scritta nel 1280 da Jacopo da Varazze, che è uno dei testi fondamentali per la comprensione dell’arte sacra e nel quale si legge che già nel nome Giovanni che significa «fu la grazia» è insito il dono della castità e dello stato virginale, fattogli da Dio. Anche Giovanni, come Gesù e Maria, veste una lunga tunica dalla linea morbida, stretta in vita da una cintura colorata d’oro zecchino ed ha un ampio mantello con fitte e lunghe pieghe. Accurata è anche la resa ad intaglio della capigliatura di Gesù e Giovanni, che lascia ben scoperta la fronte, ad attaccatura alta e regolare e a ciocche ordinate e fluttuanti con quelle più lunghe che ricadono sopra le spalle. Il gruppo attuale sostituisce quello originario affidato il 6 aprile 1621 dalla Società del Sangue Preziosissimo di Cristo alla maestranza degli orafi e argentieri, con l’obbligo di curalo, abbellirlo e portarlo in processione e con la clausola che la maestranza avrebbe dovuto sempre sfilare per prima. Quello che oggi vediamo viene tradizionalmente attribuito a Mario Ciotta, uno degli esperti scultori trapanesi della prima metà del secolo XVIII specializzati nella tecnica del legno tela e colla, con cui sono realizzati tutti i gruppi. Le statue di Maria e Giovanni mostrano inoltre affinità iconografiche e stilistiche con le figure dei “Dolenti”, Maria Addolorata e Giovanni, attribuite allo stesso Ciotta custodite nella chiesa trapanese di San Nicola, e poste ai piedi del Crocifisso e i due ladroni. In processione le tre statue della “Separazione” vengono adornate con aureole d’argento, come li vediamo anche oggi. Si tratta di pregevoli manufatti del 1767, eseguiti dall’argentiere trapanese Giuseppe Piazza. Se la maestranza degli argentieri si rivolse a Piazza per le aureole del pro¬prio mistero, è da ritenere che questi fosse molto stimato ed apprezzato dai suoi stessi colleghi per le capacità tecniche ed inventive. Né il maestro si smentisce: egli apporta una variante nella tipologia dell’aureola a raggi, articolando i bordi con un motivo trilobato di gusto rococò. L`iscrizione incisa su una delle aureole indica la data di esecuzione ed il nome dell`argentiere sotto il cui consolato furono realizzate: FATTI NEL 1767 IN TEMPO DEL CONSO¬LATO DEL SIG. DOMENICO RIZZO A SPESE DELLARTE. Nel 1770 il maestro palermitano Giuseppe D’Angelo curò l’indoratura della vara lignea sulla quale sono fissate le tre statue. Il gruppo, danneggiato durante l’ultimo conflitto mondiale, fu restaurato nel 1949 da Bartolomeo Frazzitta. Ulteriori interventi sono stati eseguiti nel 1998 da Concetto Mazzaglia e nel 2013 da Maria Rita Morfino. Lina Novara

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