L'OTTAVA SCINNUTA DEI MISTERI DI TRAPANI

L'OTTAVA SCINNUTA DEI MISTERI DI TRAPANI

L'OTTAVA SCINNUTA DEI MISTERI DI TRAPANI

La sollevazione della croce e La ferita al costato.

La sollevazione della croce

Sul monte Calvario, nell’ora terza del venerdì, Gesù viene crocefisso (Marco XV, 24). L’episodio della crocefissione, non espressamente descritto nei Vangeli, è stato interpretato, soprattutto in pittura, con diverse varianti.

Nel gruppo dei “Misteri” è rappresentato il momento in cui, al comando di un barbuto tribuno, avvieneLa sollevazione della croce”, sospinta da un centurione e da un giudeo, mentre un altro giudeo tira le corde. Gesù è inchiodato mani e piedi al legno del martirio: il suo volto, rivolto verso il braccio destro della croce e irrigato di sangue, porta i segni delle ferite provocate dalla flagellazione e dalle spine della corona.

Il motivo della condanna è riportato nel cartiglio d’argento, posto sin cima al braccio verticale della croce, con l’iscrizione I.N.R.I (Iesus Nazarenus Rex Iudeorum). 

Il gruppo originario, di autore ignoto, fu affidato il 23 aprile 1620 ai falegnami i quali tuttora lo curano assieme a carpentieri e mobilieri.

Durante gli eventi bellici del 1943 il gruppo esistente in quell’epoca venne distrutto; ricostruito da Domenico Li Muli, il nuovo “Mistero” partecipò soltanto alla processione del 1951 in quanto non ritenuto idoneo perché dissimile dal precedente sia per le dimensioni più ridotte, sia per il numero dei personaggi che erano quattro invece che cinque: mancava infatti la figura del tribuno. A questi motivi si aggiunsero le proteste dei portatori che incontrarono serie difficoltà nel trasportare a spalla il gruppo, tanto da minacciarne l’abbandono in strada durante la processione, per l’eccessivo peso delle statue che erano interamente di legno.

 Li Muli nel 1956, nel rifare l’opera, moderò il suo linguaggio espressivo carico di naturalismo e, utilizzando la tecnica del “legno tela e colla”, rispettò l’iconografia dei personaggi e la composizione del “Mistero” distrutto: non rinunciò però a rimarcare, anche in maniera accentuata e nervosa e attraverso forti contrasti chiaroscurali, i lineamenti dei volti duri e segnati dei giudei facendo anche trasparire la loro indole turpe e malvagia.

Lo scultore diede un atteggiamento pacato al tribuno che con il gesto della mano destra incita a sollevare la croce e nel rifare la statua riutilizzò parti di quella del vecchio “Mistero”.

Fortemente plastico e pervaso di naturalismo risulta il volto di Cristo nel quale Li Muli fece trasparire tutta la sofferenza dell’uomo nella fase dolorosissima in cui la croce veniva sollevata per raggiungere la posizione verticale.

 

 La ferita al costato

 

Con l’episodio de “La ferita al costato”, riferito in modo particolareggiato nel Vangelo di Giovanni (XIX, 25-37), si conclude la passione di Gesù.

Il centurione Longino per accertarne l’avvenuta morte colpisce con la lancia il costato. Dalla ferita esce un fiotto di sangue misto ad acqua, segno che Gesù è già morto.

Sotto la croce stanno in piedi, in primo piano, Maria sua madre e l’apostolo prediletto Giovanni, l’unico fra i discepoli a non abbandonarlo, rimanendo presso la croce fino alla morte; Maria Maddalena, la sola in ginocchio, è a destra del Crocefisso, Giovanni a sinistra.

Il “Mistero”, fin dal 27 aprile 1620 affidato a canapai e funai, fu ricostruito ex novo nel 1771 da Domenico Nolfo (1730-1803), ripetendo la composizione di quello seicentesco; nel 1949, dopo gli eventi bellici che lo distrussero in gran parte, fu ricomposto da Giuseppe Cafiero recuperando parti dell’opera precedente.

Essendo venuta meno la categoria dei funai, dal 1966 il gruppo è curato dai pittori e decoratori.

 L’iconografia della rappresentazione corrisponde a quella tradizionale del “Calvario”, una composizione formata dal Crocefisso, da Maria, Giovanni e Maria Maddalena, collocati ai piedi della croce.

La scena dolorosa e straziante mostra Maria e Giovanni con gli occhi pieni di pianto, rivolti verso Gesù; Maria Maddalena, con espressione estatica, dirige lo sguardo invocante pietà verso il centurione, mentre, abbraccia la croce nella direzione dei piedi di Gesù, ripetendo così il gesto di devozione compiuto durante le cene in casa del fariseo e a Betania.

La plastica figura di Cristo, curata nei particolari anatomici, ricalca l’iconografia classicistico-barocca del Cristo morto con il capo reclinato sulla spalla destra, le braccia distese e le ginocchia piegate: il viso piccolo e profilato dalla barba riproduce il modello iconografico definito nella bottega dei Nolfo e ricorrente nelle figure di Gesù in essa eseguite. Sul suo corpo, leggermente incurvato e allineato sull’asse della croce, spicca il perizoma, ricco di effetti chiaroscurali e trattenuto da una cordicella annodata che lascia scoperto il fianco destro, motivo consueto nei Crocefissi trapanesi dei secoli XVII e XVIII.

Maria, nell’esprime il dolore di una madre, è raffigurata come “Mater Dolorosa”, corrispondente all’iconografia dell’Addolorata, con il volto affranto e rigato dalle lacrime.

Giovanni, in posa stante mentre dirige la mano destra in avanti in segno di compassione, ha qui una barba sottile e bipartita, contrariamente all’iconografia tradizionale che lo vuole imberbe.

 Lina Novara

 Foto di Nicolò Miceli

 

Testi tratti da: L. Novara, «Settimana Santa a Trapani. I riti e i “Misteri”», Associazione Eventiamo, Trapani 2022.

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