8 DICEMBRE - IMMACOLATA CONCEZIONE

8 DICEMBRE - IMMACOLATA CONCEZIONE

8 DICEMBRE - IMMACOLATA CONCEZIONE

Una festività molto sentita da tutti i cristiani.

A Trapani si è soliti indicare come chiesa del Collegio, la chiesa dei Gesuiti e forse pochi ricordano che essa è dedicata alla “Immacolata Concezione”, al cui tema i Padri della Compagnia di Gesù diedero ampia diffusione assieme a quelli dei Santi della stessa Compagnia.

Nel 1637, forse in previsione della consacrazione della chiesa, avvenuta l’anno dopo, i Gesuiti richiesero al pittore fiammingo Geronimo Gerardi, per l’altare maggiore, un quadro che raffigurasse proprio l’Immacolata Concezione.

 Il pittore fiammingo interpretò in chiave barocca la rappresentazione della Vergine e La dipinge con pennellate rapide e leggere, al centro di un’ampia composizione animata da angeli festanti, secondo un modello tratto da Rubens del quale forse era stato allievo ad Anversa.

In seguito, nel 1766, nell’ambito del programma di ammodernamento della chiesa e di adeguamento allo stile del tempo, i Gesuiti decisero di sostituire la tela del Gerardi con un’icona marmorea raffigurante l’Immacolata, affidandone l’incarico a Ignazio Marabitti, già autore di una “pala” d’altare in marmo per i Padri della Compagnia di Catania. Marabitti era uno “scultore alla moda” che a Roma aveva appreso il linguaggio tardo barocco e conosceva i rilievi del siciliano Serpotta: memore anche dell’altorilievo romano di Francesco della Valle, in Sant’Ignazio, esegue l’icona di Trapani con la stessa tecnica, secondo una nuova tipologia da lui stesso introdotta in Sicilia. Dentro una cornice, superiormente mistilinea, sviluppa il tema della “Immacolata Concezione in gloria”, riempiendo tutta la superficie del marmo con raggi, testine di cherubini, fiori, angeli e nubi, che in taluni punti fuoriescono dalla stessa cornice.

Tra scorci ed efficaci modulazioni plastico-pittoriche, l’opera si impone all’occhio dell’osservatore per il suo carattere devozionale e per la raffinata eleganza che Marabitti seppe infondervi. In basso a destra l’autore ha lasciato la firma e la data: IGNATIUS MARABITTI PAN. INV. ET SCULP. ANNO MDCCLXVI.

La Vergine Immacolata, vestita con un ampio abito drappeggiato e coronata di stelle, domina la composizione ed è rappresentata nell’atto di scendere sulla terra.

Questa iconografia trae origine dal verso dell’«Apocalisse» di Giovanni Evangelista: «Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle» (12, 1). «Veniva nel mondo la luce vera che illumina ogni uomo» (1, 9). La luna è simbolo della incontaminata purezza della Vergine Maria, regina del cielo, Madre del Verbo e della Luce che illumina la via di tutti i cristiani. Maria, Vergine dell’Immacolata Concezione, è l’unica donna in grado di sconfiggere il peccato originale e concepita immune da esso.

La corona di stelle simboleggia la Vergine come allegoria della Chiesa e le dodici stelle alludono sia agli apostoli sia alle virtù di Maria. In alto una colomba che irradia raggi rappresenta lo Spirito Santo, il mezzo con cui Dio compì il suo volere miracoloso, ed allude all’annunciazione.

Nell’affollata composizione sono inseriti alcuni elementi iconografici mariani, portati in mano da putti festanti: la rosa, il giglio, lo specchio, l’arca, simboli delle litanie lauretane del Rosario.

La rosa, regina dei fiori per eccellenza, è l’ornamento più bello dei giardini e per questo viene accostata a Maria, “Regina celeste” e “Rosa mistica”, come la definisce San Bernardo da Chiaravalle volendo sottolineare la bellezza della forma, del profumo, del colore del fiore e, nello stesso tempo, la purezza di Maria, fiore per eccellenza, destinata a trascendere realtà e valori terreni. La fioritura avviene inoltre a maggio che è mese mariano, La rosa bianca in particolare allude alla perfezione assoluta e pura della Vergine, definita anche “Rosa senza spine”, ossia immune da colpa, in riferimento alla leggenda secondo cui le spine delle rose sarebbero comparse in seguito al peccato originale.

Il giglio è il simbolo della purezza, della verginità e dell’innocenza di Colei che è nata senza colpa. Come il giglio presenta il fiore candido a forma di calice aperto verso l’alto, così Maria, acconsentendo al volere divino, partecipa alla realizzazione del piano celeste e, come il fiore, non perde la sua bellezza emanando intenso profumo.

Lo specchio si riferisce al rispecchiarsi e riflettersi di Dio nella Vergine Maria, attraverso Gesù che ne era l’immagine, senza però violare o alterare lo specchio stesso.

Maria Santissima è anche «Foederis Arca», Arca dell’Alleanza. Come Mosè fece costruire l’arca mentre guidava gli Ebrei attraverso il deserto, durante l’esodo (Es, capitoli 25 e 40), affinché fosse la dimora di Dio in mezzo al suo popolo, così Maria è arca in quanto ha portato in grembo Gesù, il figlio di Dio che è diventato suo figlio.

 Lina Novara

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